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venerdì 15 ottobre 2010

La nascita dell'antica Roma - Romolo e Remo, tra mito e leggenda.

Statua in cima a colonna ubicata 
al Campidoglio
Come si racconta nell'Eneide, Enea, figlio della dea Venere, fugge da Troia, ormai conquistata dagli Achei, per raggiungere l'antico Lazio.


Ma il viaggio è lungo e pericoloso: infatti(per volere della Dea Giunone), fu prima costretto ad approdare a Cartagine ove, innamoratosi della regina Didone, resta per un intero anno.


Per ordine di Giove deve però ripartire per la via dell'antico Lazio dove giunge dopo numerose peregrinazioni nel Mediterraneo.


Qui, accolto con favore dal re Latino, si innamora della figlia Lavinia, già però promessa in sposa a Turno, re dei Rutuli.


Dopo un lungo conflitto armato scoppiato con un pretesto fra troiani e rutuli, la vittoria arrise ad Enea, che riuscì ad uccidere Turno in combattimento e poté così sposare Lavinia e fondare la città di Lavinio (l'odierna Pratica di Mare).


Trent'anni dopo la fondazione di Lavinio, il figlio di Enea, Ascanio fonda una nuova città, Albalonga, sulla quale regnarono i suoi discendenti per numerose generazioni. Molto tempo dopo il figlio e legittimo erede del re Proca di Alba Longa, Numitore, viene spodestato dal fratello Amulio, che costringe sua nipote Rea Silvia, figlia di Numintore, a diventare vestale e a fare quindi voto di castità onde impedirle di generare un possibile pretendente al trono. Marte però s'invaghisce della fanciulla e la rende madre di due gemelli, Romolo e Remo.


Il re Amulio, saputo della nascita, per evitare che potessero esserci futuri pretendenti al trono, ordina subito l'assassinio dei gemelli per annegamento, ma il servo a ciò incaricato non trova il coraggio di compiere un tale misfatto e li abbandona sulla riva del fiume Tevere.


La cesta nella quale i gemelli erano stati adagiati si arenerà, presso la palude del Velabro tra Palatino e Campidoglio (nei pressi dell'attuale foro romano) alle pendici di una delle creste del Palatino, nei pressi di una grotta - detta Lupercale - dove i due vengono trovati e allattati da una lupa che aveva perso i cuccioli ed era stata attirata dal pianto dei gemelli (probabilmente si trattava di una prostituta; infatti, all'epoca, venivano chiamate anche lupae, di cui si ritrova oggi traccia nella parola lupanare, termine equivalente di bordello).


In quei pressi portava al pascolo il gregge il pastore Faustolo che trova i gemelli ed insieme alla moglie Acca Larenzia (detta lupa dagli altri pastori in quanto anche'essa dedita alla prostituzione) li cresce come suoi figli.


Rubens, Romolo e Remo allattati dalla Lupa
(Roma - Musei capitolini)
Una volta divenuti adulti e conosciuta la propria origine, Romolo e Remo fanno ritorno ad Albalonga, uccidono Amulio, e rimettono sul trono il nonno Numitore.


Romolo e Remo, non volendo abitare ad Alba senza potervi regnare almeno fino a quando era in vita il nonno materno, ottengono il permesso di andare a fondare una nuova città, nel luogo dove sono cresciuti.


Romolo vuole chiamarla Roma ed edificarla sul Palatino, mentre Remo la vuole battezzare Remora e fondarla sull'Aventino.


Il resto, ce lo racconta Livio:


"Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dei che proteggevano quei luoghi indicare, attraverso gli auspici, chi avessero scelto per dare il nome alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione. Così, per interpretare i segni augurali, Romolo scelse il Palatino e Remo l’Aventino. Il primo presagio, sei avvoltoi, si dice toccò a Remo. Dal momento che a Romolo ne erano apparsi il doppio quando ormai il presagio era stato annunciato, i rispettivi gruppi avevano proclamato re l’uno e l’altro contemporaneamente. Gli uni sostenevano di aver diritto al potere in base alla priorità nel tempo, gli altri in base al numero degli uccelli visti. Ne nacque una discussione e dal rabbioso scontro a parole si passò al sangue: Remo, colpito nella mischia, cadde a terra".


È comunque più nota la versione secondo la quale Remo, per prendere in giro il fratello, avrebbe scavalcato le mura appena erette [più probabilmente il pomerium , il solco sacro] e quindi Romolo, al colmo dell’ira, l’avrebbe ammazzato aggiungendo queste parole di sfida: «Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura». In questo modo Romolo s’impossessò da solo del potere e la città appena fondata - di forma quadrata - fu fondata sul Palatino e prese il nome del suo fondatore.

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