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lunedì 11 ottobre 2010

La Crematistica, secondo Aristotele.

Nell’antica Grecia, l’economia non rappresentava un aspetto di particolare interesse. Infatti la sua definizione – che si riassume in oikos - ("casa", inteso anche come "beni di famiglia") e nomos - (norma, legge), esprimeva, in origine, semplicemente le regole per la buona amministrazione della casa.
  Va comunque detto che i primi “occidentali” ad occuparsi dell’argomento, furono proprio i greci, con un approccio però sempre prettamente teoretico, distante cioè dalle relative applicazioni pratiche.
Pandora

                                  


  Come non sottolineare – ad esempio – che, trai vari mali liberati dal mitico vaso di Pandora, vi è anche la scarsità, elemento basico di tutte le moderne analisi economiche che analizzano i principi dello scambio e teorizzano la creazione dei prezzi dei beni.



 Aristotele, introduce invece una propria elaborazione dei principi della Crematistica (da chrèmata, che significa gli averi), precedentemente ridotta a disciplina della considerazione dei beni materiali il cui termine di valutazione è rappresentato dall’uomo. Tra l’altro, i vari traduttori dell’epoca usano il termine ‘cose’ invece che ‘ricchezze’ poiche in tutto il mondo greco classico la distinzione fra cosa materiale e ricchezza non è così netta. Occuparsi in modo razionale dell’arte di arricchirsi era considerato semplicemente occuparsi di cose materiali, non di valori.


Il Nostro, al contrario, teorizzò lo scambio dei beni in termini filosofici, suddividendolo in "naturale" e "non naturale". Il primo riguardava la soddisfazione dei bisogni umani primari, quantitativamente ridotti, mentre il secondo aveva una funzione finanziaria generale e pertanto potenzialmente illimitato.


Eticamente, riteneva giusto il commercio e l'uso della moneta solo se riconducibile alla soddisfazione dei bisogni primari e cioè all'ambito naturale, concetto nostalgicamente ripreso nel 1800 in Germania, attraverso la comparazione di un’economia monetaria con quella naturale, rappresentata da un puro scambio delle eccedenze.

Aristole
Le analisi di Aristotele sono comunque sempre caratterizzate dal tipico approccio greco della teoreticità poiché ha come fine della sua discussione quello di trovare un posto adatto, una misura appropriata alle esigenze primarie e non quello di elaborare un’analisi di come quando e perché una società può, come sistema, strutturare le proprie esigenze economiche.


L’economia, intesa quindi come uno stato abituale, un habitus dell'animo che è parte della capacità di un uomo dì raggiungere il bene più alto, la cosiddetta felicità o, per meglio dire, “la giusta condizione dell’anima”.
Il lavoro non è quindi un concetto fondamentale se non in quanto componente dell’economia e – come tale - concorre a questo pervenire ad un equilibrio nelle cose pratiche.


Aristotele muove quindi una celebre critica alla Crematistica "scoprendo" l'economia grazie all’eccezionale sviluppo degli scambi commerciali e i molteplici impieghi della moneta nell’Atene del IV secolo a.C.


Lo Stagirita acquisisce piena consapevolezza delle conseguenze, politiche e sociali, della ricerca del guadagno illimitato tramite gli scambi e la logica capacità della stessa moneta di produrre ricchezza; anzichè rafforzare la struttura sociale della Polis, questi fenomeni avrebbero costituito fattore di disgregazione e di dissoluzione del legame sociale trasformando il mezzo in fine ed il fine in mezzo, senza che questo processo possa terminare.


Analizzando la funzione della moneta in questi termini, interpretazione che anticipa la nota distinzione marxiana sulla merce tra valore d’uso (soddisfazione dei bisogni umani) e valore di scambio (proprietà di poter essere scambiata, in determinate proporzioni, con altre merci, ed in particolare con la merce considerata equivalente generale di tutti gli scambi e involucro del valore: il denaro), Aristotele ne evidenzia il forte significato sociale per il quale gli estremi non sono i prodotti (vendo l’olio prodotto, per acquistare grano), ma il denaro stesso (acquisto olio ad un determinato prezzo, per venderlo ad un prezzo maggiore).


Perciò, non solo la Crematistica non naturale mira ad accumulare una ricchezza illimitata poiché non appaga bisogni determinati (come accade allorché si possiede per consumare) ma, essendo il possesso di denaro non più un mezzo per conseguire un determinato fine bensì il fine di un processo infinito, il bisogno che alimenta il processo è esso stesso illimitato e diviene così “perfetta figura” del “negativo”.


Del resto, Aristotele osserva che, se non si riesce a procurarsi la ricchezza mediante la Crematistica, si cercherà di impiegare qualsiasi altro mezzo, poiché l’arricchimento diventa “il fine generale a cui pare debba essere indirizzata ogni cosa” e si tenderà sempre più alla degenerazione della Polis, come una metastasi aggredisce l’intero organismo politico e sociale.


La successiva affermazione della cultura latina cambierà molto di tutto ciò. Infatti, se per non pochi aspetti valse il motto Graecia capta ferum victorem coepit (la Grecia, conquistata [dai Romani], conquistò il feroce vincitore) cio’ non valse certo per la struttura economica, nella quale il lavoro la produzione e la razionalizzazione delle risorse rivestiva una importanza enorme.
In questo senso, non vi è dubbio che una parte considerevole del mos maiorum (costumi, abitudini) della dignitas romana, consisteva nella corretta cura dei propri interessi economici.


Ma di questo … ce ne occuperemo nella prossima puntata.

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